Le complesse politiche distributive nella moda

Dalle mani del creatore al negozio, il lungo tragitto della distribuzione

Daniele Corvi

Un capo di abbigliamento o di alta moda, quando lo vediamo in bellissime vetrine, non è che arriva direttamente dalle mani del creatore al negozio, ma ha un suo percorso, che si sviluppa attraverso una distribuzione, figlia di una determinata politica aziendale. Non a caso, la giusta scelta del sistema distributivo è il presupposto essenziale per lo sviluppo e il consolidamento di un’azienda sul mercato, in maniera tale da rispondere alle richieste del mercato. Per quanto riguarda il prodotto moda ci sono molte variabili da considerare, in special modo nella predisposizione di una rete distributiva. Innanzitutto, come è facilmente intuibile, il prodotto moda, data la brevità del suo ciclo di vita, deve raggiungere al più presto il consumatore prima cioè che sia “fuori moda”; secondariamente deve avere, in base alle caratteristiche del prodotto, e degli obiettivi aziendali, una adeguata copertura territoriale. È necessario, inoltre, curare nel dettaglio la gestione del punto vendita, al fine di garantire una omogeneità di offerta, salvaguardare l’immagine dell’azienda, garantire la riconoscibilità, e migliorare la brand loyalty. La prima decisione riguarda quindi la lunghezza del canale, si parla, tecnicamente, di circuito lungo (produttore – distributore - grossista – dettagliante- consumatore) , o di circuito corto (produttore – dettagliante - consumatore), tali distinzioni non devono essere presa in maniera rigida, detti circuito possono essere contemporaneamente e/o periodicamente utilizzati da parte d’una stessa azienda. La scelta relativa al grado di estensione (copertura) della rete distributiva, viene spesso sintetizzata, nella scelta tra le tre principali tipologia di distribuzione: intensiva; selettiva; esclusiva.

La distribuzione intensiva si verifica quando l’azienda cerca d’attuare le sue vendite su vasta scala con una distribuzione che raggiunge il maggior numero di consumatori. Una distribuzione di questo tipo, risponde efficacemente alle produzioni su vasta scala di prêt-à-porter. Tale scelta tuttavia presenta alcuni svantaggi per i produttori, in primis con una distribuzione a tappeto l’impresa può correre il rischio di perdere il controllo di parte della sua politica commerciale; infatti, il proliferare di diversi livelli di prezzo, il non riuscire ad avere un contatto continuo con i clienti e i consumatori, la differenziazione del servizio dato, l’applicazione scarsa, talvolta disattesa, della direttive commerciali rendono spesso incontrollabile l’azione commerciale presso l’intermediario. In secondo luogo, data la vastità della rete distributiva, difficilmente si riesce a controllare il riscontro dell’immagine aziendale e del prodotto, lo stesso posizionamento prefigurato dell’azienda proprio per questa impossibilità può essere stravolto.

È proprio a causa di questi due grandi problemi, che le imprese operanti del segmento dell’abbigliamento di altra gamma, spesso decidono di utilizzare sistemi distributivi che permettono un maggior controllo sullo stadio finale del processo, come ad esempio la distribuzione selettiva o esclusiva. Nella distribuzione selettiva, l’offerta viene limitata ad un certo numero di clienti o di negozi che possono assicurare una buona vendita dei prodotti, è la classica distribuzione per il felice collocamento del prodotto d’alta gamma. Infatti, attraverso questa politica s’attua una selezione dei partner distributivi, evidentemente in un numero contenuto, conformi all’immagine e alla politica commerciale aziendale. Tramite i distributori si cerca di raggiungere lo specifico segmento di mercato, individuato in sede di pianificazione strategica. Ricorrendo a questa politica distributiva, l’impresa necessita l’adozione d’un circuito distributori alquanto corto, assolvendo a importanti funzioni: come frequenti rifornimenti, consegna rapida, assistenza post-vendita, ecc. La distribuzione selettiva si basa, ovviamente, tutta sulla selezione dei partner distributivi, i quali vengono scelti in base ad alcuni fondamentali criteri. 1. Validità e consistenza: la scelta deve avere un positivo riscontro in tutti quegli aspetti che rendono un partner valido (personal selling, affidabilità, etica, professionalità), e consistente (giro d’affari, solvibilità, ecc.); 2. Qualità del servizio e livello di vendita: distribuzione selezionata vuol significare offerta d’un altro livello qualitativo sempre e dovunque; 3. Collaborazionismo: l’impresa dovendo contenere al massimo i suoi costi distributivi e pubblicitari, per altri già notevoli a supporto di questa politica, necessità di veri partner, collaboratori sul fronte dell’acquisizione delle vendite, dell’organizzazione aziendale, del trasferimento di notizie utili ad interpretare il mercato, ecc.

Con la politica distributiva esclusiva, invece, si perfeziona la precedente politica, il produttore vende i suoi capi esclusivamente attraversa i suoi punti vendita o attraverso punti vendita (singoli o associati in catene) con cui ha stabilito un contratto di esclusiva. Trattandosi d’un partner distributivo, l’azienda gli conferisce l’esclusiva di vendere i suoi prodotti sul mercato o in qualche particolare area, l’esclusività dovrà essere regolamenta da un contratto, la riuscita di questa politica dipenderà fondamentalmente dai partner e da una serie di supporti organizzativi, comunicazionali, promozionali, che l’impresa sarà in grado di mettere a disposizione. Gli stessi svantaggi evidenziati per la politica selettiva (impossibilità da parte dell’impresa a soddisfare la domanda, scarsa del mercato, ecc.) permangono anche per quella esclusiva. Esempio classico sono i franchising. Filiera finale della distribuzione, ma punti chiave per sono i corner, gli shop-in shop e i duty-free. Queste sono forme distributive tendenzialmente più “leggere”, ossia meno integrate rispetto ai modelli di franchising o di distribuzione esclusiva, ma che rappresentano potenzialmente un modello contrattuale comunque più strutturato rispetto alle semplici condizioni generali di vendita che regolano gli ordini piazzati dai rivenditori multimarca. Il corner agreement è un contratto che regola la presenza di corner specializzati in spazi multimarca. Il contratto serve soprattutto a regolare l’uso del marchio e dell’insegna, oltre ad obbligare il cliente multimarca ad una gestione “corretta” del prodotto di lusso, soprattutto in termini di rispetto delle linee guida d’immagine. I tratti caratteristici sono: breve durata (due-tre anni), location in negozi o department stores prestigiosi, minimi di acquisto non vincolanti, nessun impegno finanziario come le royalties (ma talvolta può essere presente l’obbligo ad investire in pubblicità localmente).

Tali corner possono trasformarsi in “concessions” gestite direttamente dalla casa madre (ad esempio in Harrods, Rinascente, La fayette). Lo Shop in Shop è un contratto che regola solo l’uso del marchio e dell’insegna per un mobile – angolo vetrina, che può essere fornito al dettagliante anche in forma di comodato gratuito o oneroso; l’eventuale impatto economico per la casa madre è presente solamente nei casi in cui sia previsto un contributo per la costruzione del mobile o della struttura espositiva. Il Duty free è contrattualmente simile ai corners, ma destinati ad essere utilizzati soprattutto in Asia, dove sono presenti duty free molto grandi e rappresentativi, che pertanto giustificano la presenza del brand. Anche gli outlet costituiscono indubbiamente, nell’ambito del settore dei prodotti di moda di lusso, un canale di vendita in espansione. Alcuni outlet, infatti, possono essere di grande successo. I vantaggi nell’avere uno o più outlet di proprietà della casa madre possono essere vari, in quanto l’outlet: permette di smaltire le rimanenze stagionali dei negozi tramite un “canale fidato”. Permette di controllare comunque direttamente l’immagine del negozio e dei prodotti. Rende accessibile ai consumatori il prodotto di lusso a prezzi contenuti; infatti, anche se facente parte di collezioni passate, il prodotto viene comunque presentato in un contesto di prestigio e di lusso. Permette una certa flessibilità sui prezzi tramite offerte settimanali, o sconti ad hoc, che incentivano l’acquisto da parte dei consumatori. Gli svantaggi che la vendita tramite outlet può comportare sono: il rischio di fidelizzare clienti solo outlet (alla stregua dei clienti internet); il rischio di ridurre l’esperienza dell’acquisto di un be Il punto vendita ha un ruolo da protagonista nel facilitare l’incontro tra chi offre un prodotto moda e chi lo domanda, possiamo dire con un evidente paragone che è la finestra in cui s’affaccia il consumatore per vedere il prodotto e acquistarlo.

Diventa importante che il punto vendita si presenti al consumatore in maniera favorevole così da rispondere alle sue richieste e supportare egregiamente la sua decisione d’acquisto, perché ciò avvenga deve essere dotato di fondamentali caratteristiche: atmosfera, personal selling, servizio, post-vendite, felice ubicazione. Non sono pochi i casi in cui le aziende produttrici, decidono di gestire direttamente i propri punti vendita, creano cioè delle boutique monomarca di cui mantengono sia la proprietà che il controllo. Sviluppare una rete distributiva propria, richiede, tuttavia, d’investire considerevoli capitali e risorse varie (personale, comunicazione, ecc.), e non sempre i risultati sono soddisfacenti, continuamente si assiste, invece, da parte delle principali maison della moda, ad un approccio differenziato, ovvero esse decidono di gestire direttamente, solo i punti vendita, localizzati nelle principali vie della moda, questo viene fatto può per un ritorno di immagine che per una redditività intrinseca dello punto vendita, e utilizzano forme di quasi integrazione, per il controllo degli altri punti vendita. Un’altra possibilità che viene offerta alle aziende produttrici è di rivolgersi a più punti vendita sotto forme di alleanze, l’offerta si può indirizzare a catene di negozi indipendenti, quindi con regolari accordi di fornitura, i negozi vengono selezionati in base alla loro localizzazione, nonché alla reputazione di cui essi godono nel loro territorio, oppure ci si rivolge a vari negozi legati da un contratto di franchising o di concessione. La vetrina che però più si sta affermando e probabilmente soppianterà gli spazi fisici è quella “virtuale” e cioè internet.

Con essa aumenta enormemente la visibilità e l’accessibilità dei prodotti del brand, giacché con internet è possibile attrarre un numero elevatissimo di visitatori e potenziali compratori, rendendo accessibile il prodotto ai consumatori di paesi nei quali non è presente il marchio, né direttamente, né tramite una forma di distribuzione (franchising, multimarca, corners o duty free); inoltre la clientela con “il negozio ufficiale on line” garantisce al consumatore di comprare prodotti originali sul sito ufficiale (certified original); si permette poi ai nuovi clienti di testare il brand ed il sito con un “primo” acquisto, magari in una categoria con una fascia di prezzo più ridotta, ad esempio, un piccolo accessorio. Gli svantaggi possono essere il costo di costruzione, il mantenimento e il continuo aggiornamento del sito. Inoltre un potenziale rischio di sovraesposizione del prodotto e di concorrenza è costituito dai cosidetti “pure internet players”, ossia quei siti che vendono unicamente on line senza avere alcuna forma di negozio su strada e che disorientano il consumatore medio. E’ poi possibile il rischio di confusione per il consumatore, data la presenza in internet di siti falsi, che commercializzano prodotti contraffatti.

Nel mercato off line (“brick&mortar”) è facile identificare i prodotti contraffatti, non altrettanto invece nel mercato online. In conclusione, il sistema di distribuzione si fa sempre più complesso e l’entrata in gioco di internet attraverso siti e social network rende tutto ancor più complesso. Il sistema moda quindi risulta assai complesso e ci sono tantissime variabili che intercorrono affinché un dato prodotto possa avere successo o meno. Non basta dunque l’originalità e la qualità del prodotto ma anche la tempistica e un’ottima strategia aziendale che vada dalla vetrina fisica a quella “virtuale”. La moda non dimentichiamo che oltre ad essere arte è un business che vive sul momento.